HISTORY TACTICS DELLE JUVENTUS DI MARCELLO LIPPI

06.03.2024

Introduzione

Nato a Viareggio il  12 aprile 1948 ed ex calciatore di ruolo difensore, dove però ha avuto sicuramente meno fortune e glorie che da allenatore giocando in Serie A negli anni '70 nella SampdoriaMarcello Romeo Lippi (questo il suo nome completo) è stato uno degli allenatori più vincenti della storia del calcio mondiale nonchè primo a vincere tutte le competizioni più importanti come Champions League e Mondiale. 

Il tecnico italiano vanta le sue vittorie più importanti alla Juventus, ma vincerò anche trofei nazionali e continentali in Asia, per la precisione in Cina al Guangzhou Evergrande, anche qui il primo nella storia.


L'esordio nella massima serie Italia fu col botto, chiudendo all'ottavo posto con l'Atalanta dopo essere stato per un intero girone al terzo.  Successivamente passa al Napoli per un solo anno ma lancia uno dei difensori più grandi al mondo, vincitore anche del Pallone d'Oro 2006 e capitano della sua Nazionale campione del mondo, Fabio Cannavaro.

Nel 1994 Marcello Lippi inizia la sua prima avventura alla Juventus, succedendo ad un certo Giovanni Trapattoni. Nessuno credeva molto in lui e la squadra, che non vinceva dal 1986, nemmeno lo stesso presidente Umberto Agnelli che dichiarò:

"Ha più possibilità la Ferrari di vincere il titolo che la Juventus"
Umberto Agnelli

Detto fatto, infatti i bianconeri vinsero quello Scudetto con tanto di scuse del presidente. Da qui inizia la magica era del duo, anzi quintetto, Juventus-Lippi e La Triade. Dal 1994 al 2003 vinsero insieme 5 campionati 4 Supercoppe Italiane 1 Coppa Italia 1 Champions League (e tre perse in finale) 1 Supercoppa Europea e 1 Coppa Intercontinentale. Per non parlare degli innumerevoli riconoscimenti vinti personalmente.

Iniziamo ad esaminare le sue Juventus partendo proprio da quella che vincerà la Champions League nel 1996 all'Olimpico di Roma contro l'Ajax che solo un anno prima aveva battuto in finale il Milan, ricreando anche l'emulazione tattica in Football Manager 24.

Ravanelli e il gol contro le leggi della natura. Ajax battuta ai calci di rigore

Era il 22 maggio 1996 e la Juventus arriva alla finale di Champions League di Roma dopo la finale persa di Coppa Uefa contro il Parma nella stagione precedente. In ballo non c'è solo la vittoria ma anche la possibilità di spengere le polemiche sulle precedente vittoria continentale nel 1985 con la strage dell'Heysel.

L'avversario non è da sottovaluta visto che l'Ajax veniva da un quadruple e da una sola sconfitta in stagione. Anche se con un gruppo rinnovata da quello vincitore un anno prima contro il Milan, gli olandesi si dimostrano un avversario temibile e infatti recuperano il vantaggio iniziale di Fabrizio Ravanelli, da posizione quasi impossibile, grazie ad un tap-in di Jari Litmanen. La partita si conclude ai calci di rigore con gli errori di Edgar Davids e Silooy e la rete decisiva di Jugovic.

La Juventus veniva schierata da Lippi con un 4-3-3 con un robusto centrocampo, sorretto dai neoacquisti Sousa e Deschamps, a supporto di un attacco che dietro ai confermati Ravanelli e Vialli e le prime perle di un giovane Del Piero. Roberto Baggio, presente nella sua primissima Juventus, venne ceduto nell'estate precedente al Milan. I bianconeri erano una squadra aggressiva già dalle punte, con un centrocampo fisico e tecnico allo stesso tempo, che non lascia fiato agli avversari, in pratica il futuro Gegenpress.

Costruzione

Come detto in precedenza, la squadra di Marcello Lippi non predilige il possesso ma cerca rapide verticalizzazione corte, quindi anche la fase di costruzione è caratterizzata da una scambio veloce in verticale verso centrocampisti e punte.


Ai  lati dei due difensori era presenti due terzini di spinta mentre davanti c'era Paulo Sousa, un centrocampista totale e scudo imperforabile davanti alla difesa, insieme a Deschamps, Jugovic e Antonio Conte, entrambi bravissimi negli inserimenti senza palla. Il francese era colui interessato nella ripartenza con la palla.

Dalla trequarti in su troviamo il trequartista, Baggio in primis e Del Piero poi, Vialli e Ravanelli. I primi due facevano da giunto tra centrocampo e attacco, fungendo anche da attaccante all'evenienza. Ravanelli era l'incaricato a spaziare per il fronte d'attacco in possesso palla ed a guidare il pressing in fase di non possesso.

Vialli era il goleador della squadra, un attaccante mobile ma con un senso del gol innato.

Sviluppo

Una volta recuperato il pallone l'obiettivo della Juventus era raggiungere l'aria di rigore con meno tocchi possibile e raggiungere la conclusione il prima possibile. L'ampiezza era data dai due terzini che spingevano fino alla linea di fondo, con il sinistro più offensivo e il destro più equilibrato. 


Gli scambi rapidi e corti centrali erano il marchio di fabbrica di quella Juventus, che si schiera a centrocampo scaglionata con un uomo davanti alla difesa, uno nel centrocampo e l'altro nella trequarti.

Davanti i tre uomini erano molto mobili in questa fase, con scambi di posizione specie tra punta e trequartista e l'altro bravo ad attaccare la profondità.

Finalizzazione

I modi di finalizzare l'azione dei bianconeri erano prevalentemente gli scambi centrali con inserimenti senza palla di centrocampisti e trequartista.


Un altro modo era l'attacco alla profondità degli attaccanti e il cross dalla fasce dei difensori.

Fase di non possesso

La fase di non possesso è caratterizzata da un pressing intenso e alto già dagli attaccanti. La linea di difesa è molto alta cercando la pressione dei difensori agli attaccanti da subito.


Se la prima pressione salta la squadra si schiera con un 4-3-1-2 o 4-3-2-1 con Ravanelli in aiuto alla difesa.


Il derby italiano nella finale di Manchester

Introduzione

Forse il momento più alto del calcio italiano negli anni 2000, anche se il Milan negli decennio successivo ha comunque vinto un'altra Champions e una persa in modo rocambolesco con il Liverpool. Juventus, Inter e proprio i rossoneri tutte in semifinale della competizione con i bianconeri e i futuri campioni nella finale.


La finale di Manchester nel 2003 fu decisa ai calci di rigore e vinta dagli uomini di Ancelotti su quelli di Marcello Lippi. Il grande assente fu Nedved, squalificato per un giallo ingenuo nella semifinale contro il Real Madrid ma comunque vincitore del Pallone d'Oro di quell'anno.

La Juventus arrivava a quella finale Champions da fresca campion d'Italia mentre il Milan arrivò esausto vista la partenza dal preliminare ma con la Coppa Italia già in bacheca.

Le due squadre si schierano in quella stagione entrambe con un 4-4-2 ma con interpretazione e schieramenti in campo diversi a centrocampo. I bianconeri si schierano in linea mentre i rossoneri a rombo. Il centrocampo milanista più tecnico mentre lo juventino più fisico con Davids, il grande ex, e Tacchinardi.

Concentriamoci però in questa analisi tattica sulla stagione della Juventus a prescindere da quella finale, visto che le due arrivano a questo match con molte assenze tanto da schierare uno Costacurta e l'altro Montero terzini.

Costruzione

La costruzione della squadra è per lo più diretta, con il portiere che serve un centrale difensivo che va direttamente verso l'esterno del campo, se non lo fa direttamente il portiere.


I terzini si alzano, Zambrotta e Thuram di solito, e permettono agli esterni si salire.

Sviluppo

Lo sviluppo è prevalentemente sulle fasce, con i terzini che si sovrappongo agli esterni. 


Proprio i due esterni svolgono il ruolo in maniera diversa. Nedved, il giocatore fondamentale di quella stagione, interpreta il ruolo come un vero attaccante esterno pur partendo più basso mentre Camoranesi è una vera ala che stringe il campo una volta in possesso per far spazio alla sovrapposizione del terzino.


In questa fase Del Piero fa da collante con i due reparti scendendo nella trequarti e svariando sul fronte offensivo.

Finalizzazione

La finalizzazione dell'azione ha il suo massimo esponente in Trezeguet, un attaccante rapace dell'area di rigore, poco mobile ma cecchino infallibile. I cross sono direzionati spesso per lui.


Altra modalità di finalizzazione sono gli assoli e conclusioni di Del Piero e Nedved, giocatori con più classe nella rosa juventuna.

Fase di non possesso

In questa fase la Juventus si schiera con un 4-4-2 con i due esterni in aiuto alla fase difensiva. La linea di pressing è sulla trequarti, non cercando di interrompere la costruzione avversaria ma aspettando l'avversario.